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Martedì, 26 Febbraio 2013 01:00

Siamo tutti dislessici! Trentamila nuovi casi all'anno solo in Italia

Scritto da  Giacomo Stella
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Siamo tutti dislessici! Trentamila nuovi casi all'anno solo in Italia

Giacomo Stella, psicologo clinico, docente all'università di Modena e Reggio Emilia, una sfilza di libri e una vita dedicata alla dislessia: Trentamila nuovi casi all'anno solo in Italia, ma spesso sui ragazzi si sbaglia.

Un tempo erano bambini discoli, disattenti, disordinati; oggi, tramontata l'epoca delle punizioni, si chiamano dislessici, disortograficidiscalculici, disgrafici. Finalmente la definizione corretta di un disagio che /attenzione/ non è una malattia.

In Italia c'è una nuova sensibilità al disturbo, c'è una legge (la 170 del 2010) che gli dà piena identità e stabilisce quali strumenti di appoggio ed esenzioni debbano essere adottati, c'è la presa in carico degli insegnanti.

Ma oggi le scuole sembrano traboccare di dislessici; non c'è classe dove almeno un ragazzino non sia in crisi con la lettura, l'ortografia o le tabelline. Le cifre ufficiali parlano del 5 per cento della popolazione scolastica e i nuovi casi superano i trentamila all'anno. È una nuova epidemia, oppure l'attenzione ha preso la mano a tutti? Difficile dirlo anche perché si sospetta che la «trasparenza» dell'italiano, ovvero il fatto che si legga come si scrive, abbia per troppo tempo occultato la reale incidenza del disturbo in Italia, problema prorompente nei paesi anglosassoni, dove sfiora l'8 per cento.

Se ci esprimiamo in termini di fonemi e grafemi, la differenza è impressionante: l'italiano ha circa 25 fonemi e 33 grafemi, fra la fonologia e l'ortografia la sovrapposizione è pressoché totale; l'inglese ha 40 fonemi e 1.120 grafemi, una lingua ostica, inevitabilmente, per chi ha problemi con la lettura. Già nel 1985 su mille studenti americani e italiani, una ricerca mise in evidenza una frequenza della dislessia negli Stati Uniti doppia che in Italia.

E i metodi di studio del cervello sofisticati, in grado di scoprire quali aree cerebrali sono attive mentre si svolgono certe azioni e compiti, che cosa hanno aggiunto alla conoscenza della dislessia? Qualcosa hanno spiegato di quella che un tempo gli stessi scienziati chiamavano con un'espressione colorita, ma spia di grande ignoranza, la «cecità delle parole», dimostrando, ad esempio, che c'è una diversa densità della materia grigia a livello del lobo temporale sinistro del cervello, quello più implicato nel riconoscimento e l'elaborazione visiva del linguaggio.

Una «neurodiversità» presente in uguale misura in dislessici adulti inglesi, francesi e italiani stando a uno studio pubblicato sulla rivista Brain. Diversità che deve essere sostenuta, ma non guarisce visto che in età adulta la dislessia è ancora presente nel 75 per cento di quelli che ne hanno sofferto da piccoli. Confermando l'ipotesi che qualcosa di ereditario ci sia.

Il bambino oggi viene aiutato con vari strumenti: registratore, programmi di videoscrittura con correttore ortografico, calcolatrice. La normativa non prevede l'insegnante di sostegno, per cui il lavoro aggiuntivo può diventare un carico pesante per l'insegnante.

Fortunatamente cominciano ad essere disponibili, offerti in omaggio dalle case editrici in questa fase sperimentale, libri studiati per i dislessici, che facilitano la lettura attraverso espedienti di colore, di maggiore distanza fra le frasi, di sottolineatura di parole chiave. Ma nel corpo insegnante c'è tanta paura di sbagliare.

Spesso arrivano alla nostra osservazione ragazzini definiti dislessici dagli insegnanti, che ad un esame approfondito si rivelano normali. Dove sta la verità? Solo studi ulteriori chiariranno meglio questa «diversità» dei dislessici.

Letto 2258 volte Ultima modifica il Lunedì, 25 Febbraio 2013 08:11
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