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Mercoledì, 23 Novembre 2016 02:00

#CheVuolDire: conosci #significato ed #etimologia di [Malapropismo] e [Paronimia]?

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una foto molto "impettita" di Anna Maria Barbera

Malapropismo oppure Paronimia

Etimologia

Il termine Malapropismo deriva dall'inglese malapropism. A sua volta derivato del cognome del personaggio Missis Malaprop nella commedia «The Rivals» (1775) di Richard Brinsley Sheridan, il quale, nella sua comica ignoranza, usava spesso una parola per un'altra. Sembra infine che il cognome di questo personaggio sia stato inventato strorpiando la locuzione francese mal à propos = "a sproposito".

Il termine Paronimia invece deriva dal greco pará = "vicino" + ónyma, variante di ónoma = "nome" cioè "dal nome simile".

Significato

Con i termini Malapropismo, derivato dall'inglese, oppure  con il nostro originale Paronimia, si indica lo scambio, voluto (per ottenere un effetto comico) o accidentale, di parole somiglianti nella forma, ma diverse nel significato.

Un malapropismo si può generare con scambi di prefissi: affettivo per effettivo; e, più frequentemente, di suffissi: adottamento per adozione; discrezionalità per discrezione; ostilazioni per ostilità; comprensibile per comprensivo; sollecitudine per sollecitazione; oppure l'aggiunta o il cumulo di morfemi: indispiacente per dispiaciuto; spensierato per pensieroso; strafila per trafila; tranquillizzanti per tranquillanti; o, ancora, incroci, come: incastronato, generato dalla sovrapposizione di incastrato e incastonato.

Sono strafalcioni, quindi malapropismi accidentali il classico dello studente che si scusa per il raptus invece che per il lapsus; come quello di chi non riesce a spiaccicare parola; la riforma pensionistica taglia fuori gli esondati; la conferenza è tenuta da un ottimo delatore; e il signore che incontriamo all'ospedale per il ketchup annuale ci racconta che non si è sposato ed è ancora celebre.

Per il loro elevato potenziale caratterizzante, i malapropismi ricorrono nelle parodie dell'italiano popolare (si pensi a serie come aureola per arietta; stentorea per stentata; infestato per in festa; guerre intestinali per guerre intestine, pronunciate dal pittore ligure protagonista di Falso monetario nell'Idioma gentile del 1905 di Edmondo De Amicis), e più in generale, come detto, nei testi comici e satirici: basterà ricordare la celeberrima gag della scrittura a quattro mani della lettera in Totò, Peppino e la... malafemmina, film diretto da Camillo Mastrocinque nel 1956, in cui la prorompente vis comica deriva dall'accumulo di tratti semicolti, tra cui appunto spiccano i fraintendimenti lessicali (come laura per laurea e parente per parentesi). E ancora di Totò sono adire alle vie letali; ai postumi l'ardua sentenza; impiegati sparastatali; malcostume mezzo gaudio; lettera omonima. Odierna è la comicità che si basa su paronimismi di Anna Maria Barbera in arte Sconsolata con i suoi: Va-me-tecum dell'uomo ideale; ha fatto una frittata all'erba e vissero tutti felici e tossicotipendenti; mi è tornato a casa il figlio al prologo.

Utilizzati per fini stilistici ed espressivi tali scambi, invece, assumono il valore di una vera e propria figura retorica di parola (per variazione di forma), la paronomasia (dal greco paronomasìa = "alterazione di un nome"). Tale espediente abbonda nei testi teatrali, dalla commedia dell’arte all’opera buffa o semiseria sette-ottocentesca (spesseggia, ad esempio, nei libretti di Gioacchino Rossini), fino all’avanspettacolo, ma può movimentare in varia misura, e con differenti obiettivi, anche testi letterari e paraletterari (come le argute invenzioni elencate nel Prontuario d’italiese del 1967 di Ennio Flaiano: Saluti dalle pernici del Monte Bianco; si sono tutti alcolizzati contro di me; le zucchine mi piacciono trafelate; lo discuteremo in separata sedia; ha un completo di inferiorità), fino ad arrivare a costituire sofisticati giochi verbali del linguaggio pubblicitario (basterà rievocare, ad esempio, lo slogan di una nota compagnia aerea in voga qualche anno fa Vi voliamo bene) e a formulare ammiccamenti parodicamente allusivi (forse un po’ in calo negli ultimi anni) nella titolazione giornalistica (Il piacere è tutto mostro, «Panorama», 17 gennaio 1988).

Letto 4946 volte Ultima modifica il Mercoledì, 23 Novembre 2016 05:47
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