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Martedì, 17 Gennaio 2017 02:00

#Venerdì17, ecco perché porta sfortuna

Scritto da  Marco Tonelli
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una pletora di cornetti rossi

Gli italiani hanno paura del venerdì 17 una superstizione popolare legata alla tradizione latina, cattolica e greca

Superstizione che continua a generare infausti presagi ogni volta che si dà un’occhiata al calendario. Da una parte il venerdì, che nella tradizione cristiana rappresenta la morte di Gesù, avvenuta appunto il venerdì santo, dall’altra il 17, un numero che nella storia del mondo occidentale ha assunto diverse connotazioni negative.

La ricorrenza è “festeggiata” solo in Italia, mentre nel mondo anglosassone il giorno sfortunato è venerdì 13. In quello spagnolo e latinoamericano, invece, è martedì 13. Una credenza che non piace al Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale. Ogni venerdì 17, l’associazione organizza la giornata anti superstizione con eventi in tutta Italia. «Per l’occasione abbiamo pensato a un percorso a ostacoli. Si passa sotto una scala aperta, si rompe uno specchio, si versa a terra del sale, si fa in mille pezzi una lettera con la classica catena di sant’Antonio, si apre un ombrello al chiuso e così via», spiega Marta Annunziata, coordinatrice dei gruppi locali.

GRECI, ROMANI E LA SMORFIA NAPOLETANA

In greco, Eptacaidecafobia significa paura del numero 17, e la sua identificazione con qualcosa di negativo sarebbe nata proprio nella civiltà greca. Per i seguaci del credo pitagorico, era un numero da evitare in quanto era compreso tra il 16 e il 18, considerati perfetti. Nell’antico testamento il diluvio universale iniziò proprio il 17.

Nell’impero romano, invece, la sfortuna ha ragioni militari. La battaglia di Teutoburgo è stata combattuta nel 9 d.c. Sul campo i romani si scontrarono contro i germani di Erminio: le legioni 17,18, e 19 furono completamente distrutte. Da quel momento, nella tradizione romana quei numeri furono considerati sinonimo di sventura. Sulle tombe dei defunti poi, spesso si poteva trovare la scritta VIXI: in latino “ho vissuto”, cioè “sono morto”. Quest’ultima è l’anagramma di XVII, 17 in numeri romani. E se si guarda alla smorfia napoletana (il dizionario dei numeri del lotto) è sinonimo di disgrazia.

Il 17 non ha solo una connotazione negativa, ma anche positiva. Nella Cabala ad esempio, è un numero benefico, poiché è il risultato della somma numerica delle lettere ebraiche têt (9) + waw (6) + bêth (2), che lette nell’ordine danno la parola tôv “buono, bene”.

CI SONO ANCHE VENERDI E MARTEDI 13

Nel mondo anglosassone invece, il giorno sfortunato è il venerdì 13. Nella mitologia scandinava, il numero 13 è associato al Dio Loki: prima c’erano 12 semidei, poi arrivò lui che si comportò in modo crudele con gli esseri umani. Se si pensa all’ultima cena di Cristo, il 13esimo apostolo era Giuda il traditore. E ancora: secondo lo storico greco Diodoro Siculo (vissuto nel primo secolo avanti cristo), Filippo II, re di Macedonia e Padre di Alessandro Magno, fu ucciso da una sua guardia del corpo dopo aver fatto mettere una sua statua accanto a quella delle dodici divinità dell’Olimpo. E se si va ancora più indietro nel tempo, nell’astrologia assiro babilonese il 12 era un numero sacro perché facilmente divisibile, mentre il 13, che viene dopo, è considerato sfortunato. Infine nel mondo spagnolo e latinoamericano a essere considerato infausto è il martedì 13, Una credenza che forse trova origine nella tradizione romana: il martedì è legato al Dio della guerra Marte, e per questo motivo considerato sfortunato.

Letto 2305 volte Ultima modifica il Venerdì, 17 Gennaio 2020 06:20
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